“Successe a quelli della mia generazione (nati intorno agli Anni Cinquanta) che un giorno ci fu rimproverato di aver amato Topolino. E di averlo amato proprio perché detective, giornalista, investigativo, poliziotto. Successe quel giorno che ci fu detto che Topolino era un uomo d’ordine e che caso mai era meglio amare Paperino, perché Paperino era uno sfruttato (dal capitalista zio Paperone), un single nullatenente con tre nipoti a carico.
Ci sono più cose tra la terra e il cielo di Topolinia e di Paperopoli di quanto noi umani possiamo immaginare. Il colpo fu duro, personalmente Topolino mi restò simpatico ma la cosa non era influente perché l’eroe di Disney si avviò verso la china della decadenza, della crisi. Solo negli ultimissimi tempi Topolino ha ripreso quota e ha visto riaumentare i consensi. Questo libro (“Topolino noir”, Einaudi Stile Libero), che raccoglie storie scritte da Tito Faraci, celebra degnamente il vecchio eroe.
(...) Certo la popolarità di Topolino sembra ormai destinata a restare inferiore a quella di Paperino. Ma forse questo è fatale. La prevalenza di Paperino significa che il comico prevale sul giallo, la commedia
sull’avventura, la risata sul brivido. E' anche vero che il poliziesco secondo Topolino, legato molto allo schema classico del thriller, non ha più la forza di battersi contro l’horror, lo splatter, il serialkillerismo.
Il giallo secondo Topolino era un modo per dimostrare che nel mondo era possibile introdurre un criterio d’ordine (non nel senso di ordine politico). Topolino era pensiero forte. Ma sappiamo, con Paperino, che alla fine ha vinto il pensiero debole. Non resta altro da fare che leggersi queste storie. O gran bontà dei detective antichi!”
                                       da “Pensieri forti: Topolino”, di Antonio D’Orrico, in SETTE (Corriere della sera)                                                      


La recensione citata, nonostante il genere “umile” dell’argomento, contiene riferimenti alla cultura “alta”, letteraria e filosofica, accennati in tono scherzoso e brillante, e qui sottolineati nel testo riportato. Gli autori a cui D’Orrico allude sono quattro; nella serie dei cinque qui elencati individuate quello inserito indebitamente:

William Shakespeare

Sherlock Holmes

Ludovico Ariosto

Carlo Marx

Gianni Vattimo

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